Con l'OCA dentro

Alcune persone possono deludere, i luoghi dell’anima no.
Venire a Siena, nei giorni della festa, fermandosi in piazza Indipendenza senza infilare via di Diacceto per scendere dalla Galluzza, potrà sembrarti insolito.
Come, ad agosto, lo scorgere la lunga scia di bandiere che da via dei Pittori s’incammina verso Santa Caterina, ti annuncerà che si sta per correre.
Non sentirai però, la fragranza del sigaro di Alessandro che ci ha lasciato quest’anno, la sua simpatia, il suo abbraccio nell’orto all’inizio di ogni stagione.
Il corso dei ricordi poi, ti riporterà a dieci anni fa. Alla “nostra” prima vittoria dopo la “loro”; l’anno che nacque la tua seconda figlia e rivedrai la coccarda di Margherita sulla culla, ripenserai a Foffo, già malato, che ci portò quel cencio, strappato dalle mani dei contradaioli del Nicchio. Era Oca, lui lo seppe da subito, e quegli occhi stanchi si animarono in un sussulto: <<Dite ai ragazzi di prendere il Palio e di portarlo in Fontebranda>>.
Ed anche la rabbia per la scellerata purga presa due anni fa sembrerà un pochino placarsi, confondersi. Come per i dolori della vita, che forse t’insegnano, più delle gioie, che non tutto ha un senso anche se provi a darglielo, lo stesso.
Scosso poi da questo vagare di pensieri avrai comunque la consapevolezza che la dignità di un uomo è più importante di mille rituali, di strette di mano di circostanza, del distintivo di contradaiolo puro e se, per un attimo il sentimento sembrerà fregarti trasformando la delusione in emozione, di certo non cancellerà quello che ancora ti duole dentro.
Ma l’Oca non passerà, l’Oca ti resterà appiccicata addosso in armonia col tuo modo di essere, nonostante la distanza che ti separa da Fontebranda. L’Oca è nella tua anima e niente e nessuno potrà mai strappartela via.

Massimo Tinti, 23.06.2017