Una spallata. Ma diversa.
di Franco Bellino

Io devo molto a Siena.
Molto di più devo all’Oca.
Siena mi ha dato un casa su Piazza del Campo, una cattedra all’Università, la difficoltà di far rientrare 15 inviti a pranzo o cena in 3 giorni di permanenza, una nostalgia capace di far scendere lacrimoni sul viso di Giovanna solo ascoltando, qui a Milano, una cassetta di Mario il Mariotti.

L’Oca e i miei amici dell’Oca mi hanno fatto scoprire l’emozione imperdibile ogni agosto dei
tamburi e delle chiarine nella pancia del Duomo. E nella mia. La dolcezza dei Giraffini che vedo per la prima volta cullare il Palio vinto e poi abbassarlo a sfiorare le mani protese, proprio come a Siviglia si culla la Macarena guapa y guapa y guapa.
Ma vivendo a Palazzo Pannocchieschi d’Elci ho scoperto un altro gesto, unico al mondo e
dolcissimo, che mi ha emozionato e insegnato molto : la spallata.

Piazza del Campo vista dalla Costarella.

La spallata è quando il feretro portato a spalla, giunto alla Costarella, viene rivolto verso Piazza, delicatamente sollevato perché chi non c’è più possa ammirare e amare ancora una volta la sua Piazza che ci sarà sempre. La spallata mi ha fatto riflettere.
Oggi noi – alcuni di noi – non scendono più in Contrada perché si sentono feriti, offesi, umiliati.

E sicuramente tra chi ci va ci sono altrettante ferite non rimarginate e ancora dolenti. Così ho rinunciato a tornare a vivere a Siena, dopo avervi cercato casa per due anni. Ma ho sbagliato. Molti di noi stiamo sbagliando: la spallata me l’ha fatto capire. E’ assurdo aspettare di dover accompagnare uno di noi alla Costarella per regalargli questa ultima spallata e per pochi minuti ritrovarci uniti e abbracciati nel dolore.

Ci vuole un’altra spallata. Una spallata diversa. Un spallata della mente e del cuore, capace di superare ricordi e rancori, ferite non rimarginate, dignità umiliate. Una spallata che ci faccia ritrovare uniti e abbracciati non più solo nel dolore, ma soprattutto oggi : nella gioia.
Una gioia che è veramente immensa e veramente mia – per il Palio vinto, ma ancora di più perché torna ad essere, come è sempre stata, una gioia condivisa.
Dopo la corsa dell’anima, una spallata (di vita, non più di lutto) può restituirci la festa
dell’anima di tutta – tutta – l’Oca.

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