OCAIOLO d'AMERICA
di Jacopo Tozzi

Devo fare subito una precisazione: anche se mi qualifico come "ocaiolo extramoenia" io in realtà sono senesissimo, nato nei meravigliosi padiglioni dell'ospedale Santa Maria della Scala, ocaiolo da generazioni, ma anche purtroppo vittima della diaspora senese. Ebbene si, bisogna dirlo: la nostra città' e' meravigliosa, ma non offre tantissimo a quei suoi figli che magari vogliono diventare ingegneri e fare una carriera importante in qualche grossa azienda. Così mio padre appena dopo la guerra andò a studiare a Milano e di conseguenza il baricentro della sua esistenza comincio' ad allontanarsi da Siena pur mantenendo dei legami fortissimi con la città. La mia famiglia ha sempre vissuto questo "esilio" volontario: si lavora dove le situazioni ti portano, ma il cuore e' sempre sui tufi, nella nostra casa di famiglia accanto (ormai solo spiritualmente) ai nostri cari.
E' così dopo tante vicissitudini sono atterrato addirittura in America, che proprio vicino non è, ma ciò non ha cambiato le cose: i miei pensieri vanno sempre alla mia città e alla mia contrada, il mio vecchio, caro Paperone, che non mi lascia mai anche nei momenti di maggior nostalgia, quando il senso di lontananza e di rimpianto diventa fortissimo, quasi bestiale, quando è tempo di Palio!
Diciamo subito che fino a che sono stato in Europa di Palii non ne ho quasi mai perso uno, giusto a luglio dell'anno della maturità (quando gli scritti cominciavano il primo del mese, come quelli meno giovani ricorderanno sicuramente). Da ragazzi appena la scuola finiva, a volte il giorno stesso, tutti in macchina per andare dai nonni a Siena che ci aspettavano a braccia aperte. Ricordo ancora la sensazione di quei giorni di inizio giugno, i rumori della strada diversi da Milano, la gioia di avvicinarsi al Palio, l'attesa per la prima contrada che sfilava. Poi una mattina si sentiva da lontano come un brontolìo, un rumore via via sempre più forte, più nitido, poi finalmente chiaro: erano tamburi e pochi attimi dopo appariva il primo tamburino. E così, giorno dopo giorno l'atmosfera cresceva come l'attesa, soprattutto se l'Oca correva.


Andrea Degortes detto Aceto, con il giubbetto dell'OCA, alla mossa

Io ho vissuto tutta l'epopea di Aceto, dalla prima vittoria nell'Aquila ai grandi trionfi in Fontebranda, con lui e' cominciata per me bambino quella grande cavalcata senza onte durata 44 anni che è finita purtroppo nel 2005. Per noi ragazzi di allora Andrea era come Pelé e Maradona messi insieme, più un pizzico di Padre Pio. Era un Palio con meno regolamenti, più cazzotti, più sangue di cavalli sul tufo, ma sempre con la stessa passione di tutti noi contradaioli. E l'Oca dominava la piazza vincendo e facendo vincere chi voleva lei per purgare Salicotto, in cui nel frattempo montava una rabbia via via irrefrenabile. La sera della Prova Generale del Palio dell'Assunta del 68 ho assistito ancora ragazzino ad una battaglia tra Oca e Torre, non una rissa! C'erano centinaia di persone che se le davano e noi bimbetti si aspettava nelle retrovie che tornassero i feriti; ho ancora nella mente l'immagine di Enrico Toti sanguinante sorretto dai compagni che veniva portato in contrada, in quel momento ero fresco di Iliade per cui mi sembro' di vedere Patroclo portato sugli scudi ad Achille ( fra l'altro Enrico e' stata una delle persone in contrada a me più vicine negli anni successivi in cui ho vissuto per un po' a Siena).
Poi sono cresciuto e a qualche scazzottata ho partecipato anch'io, ma ne ho un ricordo dolcissimo: una volta dopo il Palio di Agosto del 72 in cui si perse da soli con 50 metri di vantaggio perché Rosetta si scalcio' l'anteriore col posteriore, a cena in piazza non ero proprio di ottimo umore. Vicino a noi c'era il tavolo col priore della Tartuca, anche loro sconfitti con ignominia quella sera, cosicché quando un gruppo di chiocciolini comincio' ad inveire contro di lui scoppio' il finimondo con bottiglie che volavano e le donne che facevano sparire i coltelli dalla tavola. Io mi ci ficcai dentro in un baleno e cominciai la solita trafila di sberle e spintoni che da ragazzo male non fa. Dopo poco mio padre mi si avvicina e mi dice: "Jacopo ora basta, la nonna (che per inciso era a tavola in piazza con tutta la famiglia) sta cominciando a preoccuparsi, e' meglio che andiamo". Il chiocciolino con cui ero avvinghiato capi e si fece da parte lasciandomi andare a casa come se avessimo avuto una normale conversazione. Che tempi!


I ragazzi del '77

Tutti in contrada ricordano le grandi vittorie di Andrea ma per capire veramente la sua grandezza vorrei citare altre corse dove la Torre sembrava aver già portato a casa il drappellone prima ancora di cominciare. Vi ricordate l'agosto del 74 quando Aceto era nella Selva e c'era solo lui a contrastare la nostra avversaria? E l'agosto dell'80 nel Leco? Ho ancora davanti agli occhi la piazza che ondeggia incredula di fronte al vantaggio abissale che Andrea era riuscito ad accumulare, con un terzo giro che era diventato una marcia trionfale e anche di scherno. Poveri torricchi, quante batoste! Voglio ricordare un ultimo Palio trionfale, questa volta per noi: 1969, Palio Straordinario della luna, ci sono due favorite, l'Istrice ( nona alla mossa) e noi di rincorsa. Oh Gesù, così non si vincerà mai perché l'Istrice non ci farà mai partire! Andrea comincia una sceneggiata incredibile, litiga con tutti, fa l'offeso, se la prende col mondo perché non gli danno spazio e giura che così non partirà mai. I minuti passano e comincia a fare buio, Andrea e' sempre più nel suo personaggio, e' veramente convinto di non partire, il mossiere non ne può più, lo ammonisce e Andrea se la prende con lui e si avvicina per litigare.....in realtà in quel momento e' vicinissimo al Verrocchino, l'Istrice si gira per un secondo e Andrea fianca mentre ancora parla rischiando di ammazzarsi contro il canape. Il mossiere vede e abbassa, l'Oca e' prima alla fonte e il Palio e' suo. Io ero sulla terrazza della farmacia alla Costarella, ho visto tutto da due metri, non scorderò mai la freddezza, la personalità, il coraggio. Grande!


Alla tratta dello Straordinario del '69 l'OCA esulta: arriva in Fontebranda il vecchio TOPOLONE.

Il maldestro tradimento finale con patetiche corse di fine carriera in Salicotto (fra l'altro se non erro la sua ultima corsa ha coinciso con la nostra grande vittoria del '96) non possono cancellare il mito, anzi proprio per il loro squallore lo confermano: le grandi imprese non si ripetono facilmente, proprio perché sono grandi. A noi la grandezza, agli altri la pochezza!
Che meravigliosi ricordi, ancora così nitidi nella mia mente, anche se qui in America sembra tutto impossibile, le cose sono così diverse! 
Ma non finirà così, ho un piano. Devo ancora fare delle cose, ci vorrà ancora un po' (ma cosa sono due anni di fronte ad una vita?) ma poi si può pensare di ritornare, già solo l'idea a volte mi da un senso di vertigine. La casa di Siena c'è ancora, e' solo affittata, si può liberare. La decisione in famiglia e' presa: mia moglie (la santa) non è senese ma per fortuna almeno e' toscana e mi capisce, sa cosa vuol dire essere ocaiolo. Altri magari solo lo immaginano.
A questo proposito voglio raccontarvi un ultimo aneddoto: tempo fa lavoravo in un gruppo industriale italiano molto importante ed avevo un collega con un accento familiare, ma con il quale non avevo molti rapporti. Una volta ci parliamo, lui mi dice di essere della provincia di Siena e io gli dico che sono di città', dell'Oca. Lui mi guarda e dice: " so che hai un incarico importante e difficile, ma ora penso che c'è la farai perché uno dell'Oca non ha paura di niente".
Pensando alla storia della nostra contrada credo proprio che avesse ragione.
Quindi, dicevo, si torna. Mi vedo già in piazza una mattina di inizio luglio, seduto al tavolino sul tufo che controllo se è secco e deve essere ancora annacquato. Fa caldo, ma si sta bene, c'è una leggera elettricità nell'aria. Oggi alle 3 comincia a battere Sunto e poi ci siamo....
Domani niente più aereo, questa volta si rimane.


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