Non sarebbe corretto,
ora che si è vinto, oscurare l'articolo precedentemente pubblicato e dire che il cencio di
Claudia Nerozzi è bellissimo. Per me la Madonna resta bruttina ed il
cavallo al centro non mi emoziona. Tuttavia l'opera è ricca di
citazioni di un passato glorioso e orgoglioso di sé e per questo
merita il riconoscimento che la gran parte dei contradaioli gli ha
attribuito.
di Massimo Tinti
Confesso che ho avuto un abbaglio appena ho visto questo drappellone.
L'ho trovato suggestivo e molto popolare, e mi è piaciuto e così è
stato anche per molti dei presenti nell'Entrone del Palazzo Comunale
e degli amici con i quali mi sono scambiato le prime impressioni a
caldo.
Ma dopo una mezz'oretta, quelle mani tese e quelle bandiere mi
hanno fatto immediatamente ripensare a quello di Guttuso dell'agosto
del '71 finito nella GIRAFFA e poi ancora quelle bandiere al retro
di quello di Borgianni, premio di un altro trionfo giraffino (il
cappotto del '97). E poi, finalmente il dejà-vu di quei cavalli così
raccolti al centro della tela... Ma sì, i cavalli di Dino Decca
dello Straordinario del 1972 finito in Camollia.
Ora se tre indizi fanno una prova, non voglio dire che Claudia
Nerozzi si sia troppo ispirata a quegli illustri predecessori, ma
occorre constatare che tolte quelle citazioni non sembra rimanere
molto altro. Un cavallo, un campo di grano, una Vergine che più che
un sorriso sembra avere una smorfia da fumetto di Diabolik e le
bellissime parole del Te Deum. Per fortuna che c'è anche il retro,
molto vero con quegli zoccoli sul tufo, forse più reali e più
"profumati" del resto IN SEMPITERNA SAECULA.
Eccovi i palii sopracitati:
Renato Guttuso (1971)
Dino Decca (1972) Marco
Borgianni (retro) 1997
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