LO
STRADELLO DELLE TIRA, ovvero IL
VICOLO DEL TIRATOIO
Da quando finalmente lavoro
in centro, mi capita spesso di lasciare la macchina al parcheggio fuori
porta. Durante l'arrampicata al cuore della Città, mi viene naturale
guardarmi intorno e riconoscere nel paesaggio qualcosa che è familiare come
il giardino di casa mia. Penso a tutte quelle storie che avrebbero da
raccontare i mattoni della mia Contrada; quelli che ci sono e quelli che non
ci sono più. Anche loro, mi sono detta, non si sono mai voluti nascondere.
Le vie che vanno formandosi si presentano infatti con nomi curiosi e
parlanti come Via del Tiratoio, la Costaccia, il Costaccino, la Galluzza, la
Macina, il Forcone, la Costa di S.Antonio e Via dei Pittori. Per non parlare
di Fontebranda e S. Caterina.
Eccomi alle Fonti e seduta sul muricciolo che guarda il Costone (un po'
anche per riprendere fiato), come per incanto mi sembra di sentir parlare
quella incredibile rete di vicoli, ripide salite e scale consumate. In men
che non si dica, un brulicare di vocine comincia a farsi sentire da ogni
parte, sempre più squillanti e becere. Alla fine ecco avere la meglio il
Vicolo del Tiratoio, con la sua voce profonda e autorevole.
A dire il vero inizialmente si è fatto sentire con gli urletti dei bambini
dell'asilo:<<Devi sapere cara mia che un tempo,
dall'arco di Porta Fontebranda fino alla Costa di S.Antonio, si svolgeva
quasi tutto il processo di lavorazione della lana>>
ma il suo racconto prosegue con la serietà pacata dei saggi anziani. <<Si
trovavano infatti lungo il percorso fino alle Fonti: un mulino (il mulino
della cenere), le vasche dei conciatori e dei tintori (chiamate galazze e
vegellari) e la casa del conciatore di Guado, una pianta dalle cui foglie si
estraeva un colorante indaco per trattare le stoffe. I panni prima venivano
conciati e follati nelle gualchiere, cioè pigiati e pestati per renderli
morbidi e lucenti con delle macchine chiamate appunto gualchiere, poi
dovevano essere ben tesi ad asciugare. Per questo motivo nel 1344 l'Arte
della Lana fece costruire in città 5 opifici che svolgessero questo
servizio: le case delle Tira. Uno di questi, il più grande e funzionale era
proprio quello di Fontebranda; con tutte quelle vasche, quel viavai di pezze
e di colori e i lavatoi, non c'era proprio bisogno di andare in città a
lavare panni!>>
Il Tiratoio, continuando nel suo dialogare in modo sempre più
confidenziale, mi rivela anche un segreto: <<Qui dove m'incurvo e mi attacco
alle Fonti dove ora c'è la scuola materna, il Monastero e la Casa del
Pellegrino, la riconosci la struttura? Li vedi i finestroni grandi,
concepiti così perché facessero passare molta aria? Tutta questa costruzione
ospitava i tiratoi che altro non erano speciali tenditoi per le pezze di
stoffa. A dire il vero ci sono dei documenti che attestano che già
all'inizio del 1300 tra il popolo di S. Antonio si trovassero moltissimi
tiratoi privati.>>
E a questo il saggio Tiratoio si carica di orgoglio, apre le spalle, gonfia
il petto e aggiunge: <<Il popolo di S. Antonio!...
Io sono la culla stretta e sicura di questa valorosa Contrada. E' qui, dove
ora si trova il Portico dei Comuni, che si ergeva la Chiesa parrocchiale di
S. Antonio che è stata sede dell'arte dei Macellai e degli uomini d'arme di
Fontebranda delle compagnie di S. Antonio e S. Pellegrino. Quando nel giorno
del Palio, prima della passeggiata storica, la comparsa si raduna qui sopra
per la benedizione, la guardo da sotto e cerco di trovare in quegli uomini
il valore e l'orgoglio delle compagnie che hanno creato questa meravigliosa
realtà. Poi mi emoziono, mi ci scappa da piangere e tutti insieme mi fanno
una smanacciata così grande che il soprallasso quasi sempre si sbizzarrisce
seminando il panico tra le persone>>.
<<No ma guardi che...>>
provo inutilmente a spiegare prima che il Tiratoio mi interrompa di nuovo.
<<Comunque, anche se non ci sono più i tiratoi di
stoffe, ti garantisco che il nome mi si addice tuttora benissimo. Pensa a
tutte le tirate d'orecchie che le monache di S. Caterina hanno dato ai
cittini dell'asilo!>> Di questo posso testimoniare personalmente! E di
come le monache ci sgridassero ogni volta che ci trovavano a giocare a
pallone nel Portico dei Comuni! Qualche volta la sera dopo cena, per fargli
dispetto salivamo sul muricciolo accanto al cancello dove è possibile
attaccarsi ai ferri, per poi scavalcare proprio dalla parte che da su di Te.
Una volta entrati iniziavamo la nostra partita che durava non più di cinque
minuti prima che una delle monache dalle vesti bianche e nere venisse a
sbraitare. Allora c'era da correre come fulmini e dovevamo essere agili a
scappare per non farsi nemmeno riconoscere.
<<Io sono sempre stato un vicolo sicuro, protetto sia a destra che a
sinistra, le macchine non ci sono mai passate nemmeno quando l'hanno
inventate; le cittine giocavano sulle mie pietre a campana o a un due tre
stella, mentre i cittini giocavano a tappini nel Portico dei Comuni. Ma
quando inavvertitamente la porta d'ingresso dell'abitazione del Prete Bani
rimaneva aperta, quella che ora è la porta della segreteria, si riunivano
tutti e sgattaiolavano svelti dentro per accedere di nascosto alla tanto
misteriosa Sala delle Vittorie. Non appena sentiva pesticciare, don Duilio
cominciava ad urlare:"se vi chiappo! Se vi chiappo!" Come mi divertivo! I
cittini cominciavano a correre e si arrampicavano per le scale di fronte al
Vicolo del Trapasso mentre il prete li rincorreva continuando a urlare:"Ora
vi chiappo!" con quella tonaca nera svolazzante chiusa solo con i primi
bottoni>>. Se gliele trovava le orecchie chissà quanto gliele
tirava! <<Di sicuro come una stoffa! Ma un ci si tira mica solo le
orecchie sai bellina! Quando nel '61 vinse la TORRE, al Gentili qualche
tonfo gliel'hanno tirato>>. Davvero? - domando per saperne di più
<<Ci puoi scommettere! Ma niente di grave, giusto per far capire chi
comandava e poi c'era il prete Bani che stava di guardia davanti alla
stalla... A dire il vero non molto distante c'era una camionetta marrone
della celere che però non dovette nemmeno intervenire>>.
Così lì c'era la stalla?
<<Sì, c'era proprio la stalla, davanti alla quale quello scorbellato
di Baiardo tirò un succhione nel petto a Bobo. Gli fece una coccarda! E non
sto a dirti cosa tirò il Bobo...>>. Parla, parla siamo arrivati quasi
alla Costa di S. Antonio, quando il Tiratoio si abbassa, mi guarda bene
negli occhi e fiero mi soffia all'orecchio: <<Lo vedi, questa è
l'entrata della casa dei Benincasa, la famiglia di Nina o di Cate come la
chiamate voi ora, donna coraggiosa di Fontebranda che ha tirato su una città
e una nazione in un momento terribilmente difficile. Qui invece c'è la sede
della Contrada dove ancora oggi si tirano le fila, si tessono i fili sempre
più delicati di seta e di parole per continuare a ricamare la bandiera della
nostra storia>>. Ciao Tiratoio, a presto, grazie della chiacchierata,
in questi giorni magari ripasso, ora devo... tirare a dritto, cè il lavoro
che mi aspetta. <<Ciao bellina, alla prossima e... ricorda, se ti
dovesse capitare di prenderlo a corsa, che il Vicolo del Trapasso io lo
chiamo Via dello Sdrucciolo, stacci attenta!>>.
Così dopo questa
bella chiacchierata, giro a destra e imbocco Via della Galluzza...
(continua)
Per gentile
concessione dell'autrice del racconto
BARBARA TOTI
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