Andrea Degortes:
appunti di passato, presente e futuro
Andrea Degortes detto
ACETO, oggi è un signore di campagna, con gli occhi ancora neri come
la notte e tanta voglia di parlare di sé e di Palio. E’ sempre per
me un grande onore, ma soprattutto un piacere andare a trovarlo nel
suo buen retiro delle Crete, a due passi da Asciano. Un posto
incantevole, quasi da sogno. Sospeso in un tempo scandito dai
ricordi, alcuni lontani, altri un po’ meno che gli fanno compagnia
in queste afose giornate estive, insieme a Marzia - la compagna di
una vita - ed un grande labrador marrone. Mi viene incontro in
tenuta estiva e mi saluta aprendo una bottiglia di vermentino
fresco, sul tavolo un immancabile pacchetto di sigarette.
Esisterà mai un altro
ACETO?
<<Io penso di aver fatto la differenza. Perché prima degli altri
ho capito che l’allenamento era importante. Fino agli anni sessanta
i fantini, oltre che essere poco preparati, non si allenavano per
niente. Arrivavano al palio così. Io mi arrabbiavo con quelli di
allora per far capire loro che il Palio era una corsa meravigliosa e
che doveva essere preparata nel migliore dei modi, dal momento che
per i senesi era tutto>>.
Il Bruschelli non ti
ha ancora raggiunto.
<<E’ stato bravo. Ma non ho mai condiviso il suo modo di fare il
palio. I senesi non devono essere presi in giro. Ti danno tanto,
troppo finché un bel giorno la musica cambia. E quando non gli servi
più hai chiuso. Lui nel ‘96 prima di vincere il palio nell’OCA –
correva in Piazza già da diversi anni – rischiava di rimanere
praticamente a piedi. Poi vinto quel palio la sua vita cambiò.
Aggiungi anche che smisi io, Bastiano, Il Pesse, Cianchino. Lui si
ritrovò praticamente a correre da solo e fu bravo a convincere
alcuni ragazzi (oggi affermati fantini) ad aiutarlo a vincere. Ai
tempi miei, ognuno correva per vincere. Io correvo alle regolari a
Capannelle, ero un cavallerizzo, lui credo abbia imparato ad andare
a cavallo in un maneggio. Per più di dieci anni ha avuto in mano le
chiavi della città e rapporti fitti con molte dirigenze. Ai miei
tempi erano i dirigenti di Contrada che ti sceglievano, non il
contrario. Ma alla fine i senesi si sono riappropriati del Palio,
gli ex allievi hanno cominciato a vincere, si è ritrovato solo e non
ha vinto più>>.
Alla vigilia del palio
di mezz’agosto 1990, dopo più di vent’anni nell’OCA indossasti il
giubbetto della TORRE. Perché?
<<A
metà degli anni ottanta, dopo gli ultimi due trionfi, dissi alla
dirigenza dell’OCA che non sarei durato trent’anni, che c’era un
ragazzo (Il Pesse) che era opportuno seguire e prendere a montare,
anche come seconda monta. Mi risposero che a malapena c’erano i
soldi per me. Poi dopo seppi che quel ragazzo era già foraggiato
dall’OCA. Dunque i soldi c’erano. Inoltre qualcuno era convinto che
la TORRE mi pagasse. I rapporti divennero tesi, l’OCA non si fidava
più di me né io di lei. Nel 1988 mi ruppi il ginocchio su
Galleggiante nella CIVETTA, fu un momento molto brutto. Nessuno
dell’OCA si fece vivo, era finita. Diventai così fantino della
TARTUCA che tra l’altro mi pagava il doppio dell’OCA. I dirigenti
della TORRE mi stavano dietro ma io non me la sentivo, visto tutti
gli anni passati in Fontebranda, di “saltare il fossato”, avevo
ancora la stima di molti ocaioli. Intanto nel palio del 2 luglio ’89, l’OCA mi
parò e perdemmo entrambi (io ero nella CIVETTA), dal cavallo scosso
della LUPA. L’anno seguente ad agosto, la TARTUCA contattò l’OCA per
farsi aiutare a trovarmi un buon cavallo – magari nel LEOCORNO che
aveva Benito – ed impedirmi così di andare a montare Uberto nella
TORRE. La risposta di Fontebranda fu che non c’era nessuna
possibilità. Il giorno dopo ero in Salicotto e se non fosse stato
per un giovane Gigi Bruschelli che mi venne addosso al primo
S.Martino, quel palio avrei potuto anche vincerlo>>
Il Bruschelli però sei
anni dopo (2 luglio 1996), avrebbe riportato l’OCA alla vittoria, la
prima dopo la rottura con te. Ti fecero male le nerbate della tua ex
contrada al primo Casato?
<<E’ tutta un’illusione ottica data dalle riprese televisive,
il Bruschelli non mi tocco’, io ero alto perché il mio cavallo
allargava nelle curve, lui m’infilò in basso. Eravamo almeno a tre
metri l’uno dall’altro, agitammo i nerbi, ma non ci fu nessun
contatto. Quello fu l’ultimo mio palio. Non ero assolutamente
convinto di Musetto e lo dissi subito il giorno della tratta ai
dirigenti della Torre. Loro volevano che fermassi l’OCA in tutti i
modi, parandola, non facendola partire. Io gli dissi che c’erano
solo due modi per riuscirci. Prendere il fantino per le mani alla
mossa, oppure se non fosse stata a tiro, aspettare l’OCA al secondo
giro e tirarla giù. A me ormai non importava più nulla, era l’ultimo
palio che correvo e quelli all’inizio erano i patti. Con mia grande
sorpresa alle quattro del pomeriggio del giorno del palio arrivò la
dirigenza della TORRE e mi disse:<<Tu smetti, ma noi siamo una
contrada degna, non ce la sentiamo di fare questo servizio, perciò
fai la tua corsa e usa tutti i mezzi consentiti>> Io andai su tutte
le furie e gli risposi che non rispettavano i patti, che questa cosa
avrebbero potuto dirmela almeno prima della segnatura. E l’OCA vinse>>.
Un ricordo di Algero
Bani
<<Una bravissima persona con la quale ho vinto due palii, ne
conservo un bel ricordo. Nell’OCA ho ancora parecchi amici. L’OCA è
una grande Contrada, forse la più grande. Ma son passati tanti anni
e ora anche lei comanda meno…>>.
Parlami di un fantino
che corre ancora.
<<Non ci crederai, ma non ho mai capito fino in fondo Walter
Pusceddu. Un fantino dalle potenzialità indiscusse che però in
Piazza dopo i primi cento metri di corsa non riesce a rendere
neanche un decimo di quello che ha raccolto in provincia. Sarà
Sunto, saranno le chiarine. Vorrei vedergli svanire quella paura e
perché no alzare il nerbo prima o poi>>.
Come sarà il palio fra
cinquant’anni?
<<Il Palio non finirà mai. Se ai senesi togli il palio gli
togli la vita e non credo che neanche cambierà più di tanto rispetto
ad adesso. E’ già cambiato abbastanza per i miei gusti. Oggi sembra
quasi una corsa regolare. E mi viene da ridere quando sento i
dirigenti delle contrade dire dei propri contradaioli: <<Ma cosa
vogliono questi, abbiamo speso un milione, due milioni….>>. I
contradaioli vogliono vincere, non vogliono le chiacchiere. E se
oggi non monti il Bartoletti o il Mari è molto dura vincere>>.
Quale momento dei
quattro giorni ti emoziona ancora come un tempo?
<<Il momento che danno i cavalli, le prove non le ho mai
considerate, lasciavo fare gli spavaldi agli altri. Poi però, il
giorno del Palio, quando prendevo il nerbo mi ero già fatto il palio
nella testa ed ero limpido, tranquillissimo. Gli altri invece,
passata la spavalderia, erano nervosi, impauriti. Il palio ti guarda
in faccia e devi reggere lo sguardo, altrimenti è meglio che lo
guardi dai palchi>>.
Massimo Tinti, 20 giugno 2019
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