Massimo, Siena e
l'Oca
di Massimo
Tinti
Come molti sapranno io
non sono nato e non vivo a Siena, ma ad una sessantina di chilometri
più a nord. Perciò non posso dire di avere la Contrada nel DNA,
anche se me la sono cucita addosso grazie alla memoria dello zio e
ad anni di assidua presenza.
Fin da piccolo ho
sempre sentito parlare dell’Oca. Evocata dai racconti dello zio
Arrigo - più che dalle immagini televisive in bianco e nero - sulle
prodezze di Aceto, sul popolo vero di Fontebranda, su Santa
Caterina. Quello zio che lavorava ai macelli comunali di Firenze e
che aveva conosciuto i macelli fontebrandini. Egli era per me l’Oca
e così, pur da lontano, ho potuto conoscere e partecipare ad una
parte di quelle vicende di passione e di amore per la Contrada.
Aceto vinse il suo
primo palio nel 1965, anno in cui nacqui. Quindi, pochi anni più
tardi, quando si affermò con l’Oca nei palii della Riverenza e della
Luna, ero ancora attaccato alle sottane della mamma. Ricordo che lo
zio mi portò da Siena una campanella verde bianca e rossa che ancora
conservo. Gli anni ’70 passavano, ormai sapevo diverse cose sul
Palio e discorrevo con lo zio della splendida vittoria della Giraffa
nel ’71, dei due palii incredibilmente “sciattati” dall’Oca nel ’72
e nel ‘74.
Poi finalmente arrivò
l’estate del 1977, le vacanze tanto desiderate sulle dolomiti. La
sera del 16 agosto, la diretta televisiva commentata da Frajese, a
Moena in un hotel gremito di turisti tedeschi. La partenza annullata
alla Chiocciola, il volo solitario di Andrea e Rimini e la mia gioia
di dodicenne che saltavo impazzito perché l’Oca dello zio Arrigo -
un po’ anche mia - aveva stravinto un palio che sarebbe rimasto
indelebile nei miei ricordi.
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