La stessa sorte rischiò di toccare anche all'Aquila che incontrò la
decisa opposizione di Contrade confinanti come Onda, Tartuca,
Pantera e Selva. Esse rivendicavano diritti su un territorio che da
tempo non partecipava più a feste e rappresentazioni.
La Biccherna
però, non accolse tali richieste e l'Aquila
sopravvisse.
Grazie ai confini così distintamente tracciati le Contrade
poterono dotarsi di ordinamenti propri che regolarono il comune vivere
al proprio interno, ebbero in comodato o acquistarono sedi e oratori,
i quali
in molte occasioni servirono come sale di adunanze per deliberare
sulla corsa del Palio. Durante la seconda metà del secolo, il
Granduca Pietro Leopoldo I di Lorena varò alcune riforme in
tema di politica ecclesiastica che prevedevano, tra l'altro, la
soppressione di alcune Parrocchie e Confraternite. Fu proprio in
quei luoghi che vennero fissate le sedi delle Contrade. Fino a quel
momento la maggior parte delle Contrade celebrava le
feste e teneva le proprie adunanze nella chiesa parrocchiale o
nell'oratorio di qualche compagnia laicale, trovandosi spesso in
conflitto con i parroci o i confratelli delle Compagnie.
Grazie
al provvedimento preso dal Granduca, quelle Contrade rimaste
sprovviste di sedi proprie si fecero avanti per chiedere di poterne
prendere possesso. La richiesta trovò ben disposto Pietro Leopoldo
I, desideroso di far vedere alla popolazione come la decretata
soppressione non fosse stata decisa in odio alla religione, bensì
per rendere le Contrade custodi di quegli edifici ricchi di arte e
di storia.
Le stupende sedi che costituiscono, oggi più che mai, il vanto di
ogni Contrada devono perciò a Pietro Leopoldo la loro sopravvivenza
mediante la rinnovata funzione di luoghi aggreganti ricchi di
memorie, arredi e oggetti d'arte.
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